Nell'antichità e fino alla metà del ventesimo secolo, il ruolo del padre era essenzialmente normativo, un esercizio indiscusso di autorità, mediato dalla figura materna, e il portatore della tradizione. Il che è durato non secoli, ma millenni! [può essere istruttivo leggere “4.000 anni di paternità”, Fazi ed., di Maurizio Quilici, fondatore dell’Istituto di studi sulla paternità.] Durante e dopo il ’68 questa associazione autorità-padre ha portato al rifiuto di entrambi; si pensi alle teorie della “morte del padre”, “della società senza padri” e del “padre assente”. E oggi? Oggi il problema è che i nuovi padri non hanno davanti a sé punti di riferimento: non serve l’esempio del loro stesso – magari ottimo - padre, perché “negli ultimi 20 anni si è verificato un mutamento di costumi, valori, contesti di vita inimmaginabile…..non solo, ma è subentrata una sorta di mutazione antropologica, per cui al padre e alla madre biografici tende a sostituirsi una specie di “padre collettivo” che, nell’immaginario dei nostri giovani, è dato soprattutto dai media & C, come mai era avvenuto prima.” (Aurelio Mottola)
[Del digitale a livello educativo mi occupai nelle Newsl.N.24 e N.45, reperibili nel mio sito]
Qual è allora il ruolo del padre oggi? Secondo me, proprio per i mutamenti in atto, non è possibile definirlo “in maniera certa e definitiva”; si possono però cercare le vie migliori che portino a tale risultato. Non possiamo illuderci che millenni di “figure paterne autoritarie” impresse nella nostra cultura occidentale possano essere scrollati d’emblè, tant’è vero che padri dispotici e aggressivi purtroppo non mancano neppure nel XXI° secolo.
E poi è assolutamente necessario essere vicini e dare una mano a questi nuovi giovani genitori, che a mio avviso costituiscono l’anello fragile della catena societaria e temporale, non necessariamente per colpa loro, ma della situazione sopra ricordata. E per di più hanno un bell’onore-onere: crescere le generazioni che gestiranno il mondo futuro!
Don Antonio Mazzi, che non manca certo di esperienza con i giovani, nel suo libro “Stop ai bulli. La violenza giovanile e le responsabilità dei padri”, scrive: “Certo, aiutare un figlio a costruirsi una propria identità piena di valori da vivere e da trasmettere è una fatica immane. Anche perché abbiamo dimenticato che si cresce nella misura in cui ci si assume qualche responsabilità, si ama la fatica e si soffre.”
Ora, quando si battono strade nuove, è inevitabile incorrere in uno o più errori.
Li ha segnalati qualche anno fa la rivista “Femme Actuelle”, sulla scorta di psichiatri e psicoterapeuti, che hanno individuato 5 modalità di “essere padri” che andrebbero proprio evitate.
1)Il padre materno. [ndr: non ho mai sopportato il ridicolo neologismo “mammo”, che a mio parere tradisce un inconscio desiderio di tornare al padre di tipo arcaico.] Non stupisce più l’accudimento del neonato anche da parte del padre; gli stessi ospedali dove la mamma partorisce effettuano utili corsi per istruire i padri su come gestire il bebè. Ma ”a volte – avverte l’esperto – questa ‘maternità paterna’ nasconde una rivalità: l’uomo assume questo ruolo per sminuire quello della compagna, quasi che lei non fosse in grado di fare la madre. Oppure può essere la donna stessa a imporla al compagno, senza tener conto delle sue aspirazioni, in virtù di una proclamata parità. E in entrambi i casi il bambino viene purtroppo strumentalizzato per i propri scopi”.
2)Il padre compagno Si posiziona sullo stesso gradino del figlio nella scala generazionale, e ha con lui una grande vicinanza: condivide gli stessi interessi, gli stessi giochi, perfino lo stesso modo di vestire. Ed è quindi l’esatto opposto del padre autoritario e tirannico d’altri tempi. “Certamente – spiega Patrick Avrane, autore del libro ‘I padri ingombranti’ – il figlio apprezza la complicità e si sente valorizzato. Ma al tempo stesso può vedere il genitore come troppo invasivo, incapace di stare a distanza. E la madre può essere completamente esclusa da questo tipo di rapporto. Il padre rifiuta poi di esercitare la propria autorità e delega questo compito ingrato alla compagna”.
3)Il padre rivale. Per alcuni padri, il figlio è un rivale che toglie loro l’amore della compagna, specie quando il bambino è piccolo – sottolinea lo psicoterapeuta Bruno Décoret: “Questo comportamento generalmente è provocato da una mancanza di autostima nell’uomo, dalla paura che la propria virilità sparisca nella paternità, facendolo diventare non più maschio ma solo genitore”. Così, però, senza una figura maschile rassicurante, il figlio tenderà a legarsi ancora di più alla madre, rinfocolando la gelosia del padre nei suoi riguardi.
4)Il padre suo malgrado. Alcuni uomini diventano padri senza volerlo, semplicemente perché una donna con la quale hanno una relazione resta incinta, in modo più o meno volontario. “Ma il fatto che partano male – spiega la psicanalista Sophie Marinopoulos – non significa che questi ‘padri loro malgrado’ non diventino poi bravi papà. Altri, invece, si rifugiano dietro un rifiuto categorico. In questo secondo caso la donna può solo cercare di non peggiorare la situazione con il bambino, distruggendo anche nella sua psiche la figura del padre. Per cui ad esempio, invece di dire “non ti ha voluto”, è meglio spiegare che “credeva di non essere in grado di fare il padre”
5)Il padre assente Certi padri sono assenti a causa del lavoro, oppure perché non vivono più con i figli dopo un divorzio. “Ma è un’assenza fisica – spiega lo psicologo Daniel Coum, direttore dell’associazione genitoriale Parentel – che non comporta automaticamente una sensazione di mancanza nel bambino, il quale può benissimo pensare al padre anche quando non c’è e costruirne una rappresentazione interiore, in modo che sia psicologicamente presente”; il che è possibile purchè la genitrice non sottolinei solo i lati negativi del padre.”
MA ALLORA COME DEVE ESSERE QUESTO PAPA’ OGGI? Credo che si debba ripartire dalla base: la coesione con la compagna. Papà e mamma devono decidere insieme regole e strategie educative, quali valori trasmettere e in che modalità, parlarsi, condividere, mostrarsi uniti il più possibile e ovviamente non litigare in presenza dei figli. I genitori infatti costituiscono il 1° modello “sociale” del bambino: due persone diverse per sesso e carattere, che si amano, sanno dialogare in modo civile, sanno sopportarsi a vicenda. Il sano sviluppo di ogni individuo passa proprio attraverso il rapporto con l'alterità, che permette l'acquisizione di nuove conoscenze e nuove modalità relazionali, tra le quali la consapevolezza che nella vita non siamo onnipotenti e ciascuno è chiamato a capire anche le esigenze di chi gli vive accanto, e non solo le proprie.
2° L’IMPORTANZA DELLE REGOLE
Il noto pedagogista Daniele Novara illustra molto bene, nel suo libro “Urlare non serve a nulla” BUR 2017, a partire da p.68, il significato e l’importanza delle regole nell’educazione.
“Anzitutto occorre liberarsi dall’idea che la REGOLA sia qualcosa di duro… La cultura delle regole dice che il principio educativo è un principio di organizzazione: ci sono relazione, amore e, in aggiunta, la capacità di organizzarsi. Le procedure stabilite dai genitori permettono ai figli di essere tranquilli e di sapere che cosa possono fare, quando e come. Al contrario di quello che sembrerebbe, le regole permettono di strutturare spazi di libertà, perché il bambino è libero di muoversi all’interno di uno spazio chiaro e ben strutturato, che gli garantisce sicurezza e fiducia. Vediamo al riguardo un esempio di regole poco chiare: al parco giochi una mamma dice alla figlia: “Puoi giocare, ma non correre troppo e non sudare, se no ti ammali.” E’ un’indicazione contradditoria: come può una bambina in un parco giocare senza correre e senza sudare? La piccola resterà incerta sul da farsi e se, come evidentemente accadrà, correrà e suderà, rischierà di incorrere nell’urlata materna!
E poi occorre distinguere tra regole e comandi: la prima è una procedura chiara e impersonale; il comando invece stabilisce un puro e semplice ordine gerarchico, basato sulla dipendenza e sulla subordinazione. Ma spesso questa distinzione non è chiara ai genitori. Quando chiedo a una coppia che mi consulta quali sono le regole che vigono in famiglia, spesso mi rispondono con un elenco di comandi e relative punizioni per l’eventuale inadempienza, come se regole e comandi fossero equivalenti. “Siediti e mangia!” “Sbrigati!” “Metti a posto i giocattoli!”…ecco tante e diverse forme di presunta comunicazione declinate anche linguisticamente all’imperativo. In adolescenza poi la speranza dell’obbedienza svanirà del tutto. La conseguenza più comune di questa confusione è un inesauribile batti e ribatti, che sfibra genitore e figlio.
Oltre ad essere chiara e non contradditoria, una regola educativa deve essere realistica e adeguata, sostenibile e ragionevole.”
Un’altra valida spiegazione relativa alle regole la si può trovare alle pagg.222-3 del simpatico libro di Alberto Pellai, psicoterapeuta dell’età evolutiva, e della moglie Barbara Tamborini “I papà vengono da Marte, le mamme da Venere”, De Agostini, manuale per genitori di bimbi da 0 a 3 anni.
Concludo con un’osservazione della d.ssa Migliarese, già citata: “Bisogna essere convinti di quello che si chiede ai nostri bambini e ragazzi. Il problema è che spesso il sostenere un certo comportamento con i nostri figli si scontra principalmente con due nostre paure: la paura di farli soffrire e quella di rovinare il rapporto con loro. Per EDUCARE invece dobbiamo prenderci la responsabilità anche di tener duro su una certa posizione, come ad esempio il rispetto (ovviamente anche da parte nostra) delle regole stabilite. Il che non significa tornare al deprecato autoritarismo di una volta.
E qui possono essere utili alcune chiarificazioni terminologiche. Se i genitori di un tempo erano autoritari (con le conseguenze che sappiamo da parte dei figli: ribellioni, disobbedienza, inganni, fughe, etc.), quelli di oggi sono chiamati ad essere autorevoli. Qual è la differenza?
AUTORITARIO: si dice di colui che esercita con fermezza e intransigenza per lo più esagerate la propria autorità; sinonimo: dispotico; imperioso, prevaricatore.
AUTOREVOLE: è chi esercita un’autorità che non si impone in quanto tale, per se stessa, per un grado o ruolo gerarchico, ma che viene riconosciuta spontaneamente dal minore o dall’adulto, perché caratterizzata da competenza, fermezza, capacità di dialogo vero, amore alla verità e amore per i propri sottoposti.
3° ALCUNE ACQUISIZIONI SULL’ESSERE PADRE OGGI Gustavo Pietropolli Charmet, psichiatra e psicologo esperto delle dinamiche tra genitori e figli, e Claudio Risé, psicologo e saggista, danno da tempo utili indicazioni per i papà odierni di bambini dai 7 anni in su. Ne riporto una sintesi.
A) Spesso i papà vivono nella convinzione di sapere in anticipo che cosa è meglio per i loro figli – osserva Risè - dimenticando che il figlio è diverso da loro ora, e anche quando il padre aveva la sua età. «La presenza del padre è fondamentale dopo il primo settennio – prosegue lo psicologo – è da quel momento in avanti che, anche a livello psicologico, un figlio entra nella sfera del padre». E’ importante che si senta ascoltato e capito nelle sue convinzioni e nei suoi gusti.
B) “I papà di oggi hanno dovuto imparare un modo tutto nuovo di essere genitori: l’educazione passa attraverso l’affetto più che attraverso i valori della tradizione e lo spauracchio della paura”, dice Charmet.
C) Il gioco, in tutte le sue forme, assume un ruolo fondamentale per comunicare vicinanza e condivisione: il gioco fisico (anche la lotta scherzosa) abbatte le distanze corporali e comunica affetto. Il gioco strategico (lo sport ma anche quello da tavola) è utilissimo per insegnare regole quali il rispetto dei tempi, degli avversari, la lealtà, il mettersi alla prova. Ritagliatevi ogni giorno del tempo per giocare con vostro figlio. [ndr: da ricerche statistiche risulta che 40 anni fa i padri dedicavano in media ai propri figli 5 minuti al giorno, ora 35!].
D) La vita quotidiana è fatta di incombenze pratiche che non vanno delegate tutte alla madre.Un buon padre deve interessarsi dell’andamento scolastico del proprio figlio e instaurare un rapporto diretto e non sempre mediato dalla madre con gli insegnanti. Lo stesso vale anche per le visite dal pediatra o per i colloqui con altri educatori (sportivi, catechismo o altro): ciascuno di loro comunica un aspetto importante della personalità del figlio che un buon padre non deve trascurare.
Lo psicologo Franco Fornari (1921-1985) parlava negli anni ‘60 di “codice materno e codice paterno”, per definire le due attitudini di fondo che ispirano il rapporto educativo. L’espressione è stata ripresa di recente dalla citata dott. Migliarese con le seguenti esemplificazioni: “Specie nella complessa fase dell’adolescenza, madre e padre vivono di solito uno stato d’animo diverso. La mamma, che è indubbiamente più capace di sintonizzarsi emotivamente con il figlio, è anche generalmente più pronta a capirlo nel cambiamento e si predispone perciò a quella flessibilità che permette di mantenere una sufficiente armonia nella relazione anche davanti a situazioni potenzialmente conflittuali.
Il codice materno ci spinge in questa direzione, perché la relazione con il figlio nasce da una simbiosi che comporta di solito una più naturale attitudine alla comprensione e all’appianamento dei conflitti, che sono una fonte importante di separazione emotiva; allo stesso tempo però può comportare la tentazione di trattenere il figlio più a lungo del necessario all’interno di un rapporto di dipendenza infantile, sempre rassicurante e soddisfacente.
Il papà (codice paterno) ha una posizione spontaneamente diversa: non avendo portato il bambino dentro il suo corpo per il tempo lungo della gravidanza, lo avverte da subito come un “altro da sé” che non è così facile da capire e al quale non è così ovvio fare spazio, qualcuno che tra l’altro gli contende la madre-moglie con la forza di un legame inedito. Il padre è perciò disposto ad accogliere e ad amare il figlio, ma non a lasciarlo prevalere su di sé, né a permettergli di rubare il suo posto. Il codice paterno spinge l’uomo a incoraggiare l’autonomia del bambino, anche contro le eventuali proteste della madre, perché il bambino possa crescere ed essere a un certo momento capace di andarsene facendo fronte da solo alla vita. Per lo stesso motivo, nell’età dell’adolescenza, il padre è molto meno disposto della madre a capire e giustificare il figlio, quando questi si contrappone a lui e lo contesta mettendo in discussione la sua autorità e il suo ruolo.”
Ormai è chiaro: anche questi due codici vanno riscritti (rispetto ai tempi di Fornari), unendo teoria ed esperienza. Ne abbiamo un bell’esempio nel libro del dr. Pellai citato a pag.3 di questo testo, in cui ogni aspetto del neonato e del bimbo occupa un capitolo con due paragrafi: “Come la vede lei” e “Come la vede lui” e altre significative osservazioni sulla differenza di comportamento dei coniugi.
CONCLUSIONE
Cari papà e mamme del XXI° secolo, avete dinanzi a voi un compito certamente più complesso e impegnativo rispetto a quello dei vostri genitori e antenati; accogliete gli aiuti che gli esperti possono offrirvi. E soprattutto ricordate che “i figli, prima di abitare una casa fatta di mattoni, abitano un'altra casa, più essenziale: abitano l'amore reciproco dei genitori” (papa Francesco 15-6-15), e questo vi garantirà da ogni fallimento educativo. E poi, ora della fine, avrete anche un momento di gloria, perché la vostra generazione di genitori un giorno passerà alla STORIA!
MA QUESTA NEWSL. NON E’ NATA PER LA FESTA DEL PAPA’? E NON LO VOGLIAMO FESTEGGIARE ANCHE NOI? CERTO CHE SI’!
Gianni parla del suo babbo
Vicino a mio padre mi sento sicuro anche se c'è l'uragano.
Se il babbo vuole, può affrontare lupi e domare cavalli selvaggi.
Egli non teme né fantasmi né terremoti.
Il mio grande problema è convincere la mamma a vestirmi come lui.
Quando posso porto la camicia bianca e la cravatta come lui, cerco di pettinarmi come lui, assumo i suoi atteggiamenti, ho le sue stesse preferenze.
Quando sarò adulto, vorrò esercitare la sua professione.
lo voglio molto bene alla mamma e ai miei fratelli, ma il bene che voglio a papà è tutto speciale.
Per me il babbo è un personaggio fantastico che sta fra l'eroe delle migliori avventure, il campione sportivo e l'imperatore antico.
ALTRI TESTI PER I VOSTRI BAMBINI DELLA SCUOLA DELL'OBBLIGO LI TROVATE QUI DI SEGUITO
19 marzo 2018 FESTA DEL PAPA’ . QUALCHE TESTO INTERESSANTE
UNA FILASTROCCA
Per la festa del papà ho pensato qua e là
come fare un grande dono al mio babbo tanto buono.
Ho pensato ad una torta,
tonda o quadra, poco importa!
Poi ad un cane o ad un castello grande, grosso, molto bello….
Poi ad un viaggio favoloso, straordinario e avventuroso…..
Ma son piccolo e perciò
tanti soldi non ne ho!
Beh, pazienza, sai che faccio? Gli do solo un grande abbraccio! (di Jolanda Restano)
NEGLI ANNI CINQUANTA DEL SECOLO SCORSO
Il babbo di Livio lavora nelle miniere di un paese lontano.
Anche la mamma è operaia.
Così il piccolo al pomeriggio rimane solo in casa.
Studia, scrive, sfaccenda un poco; ma le giornate sono lunghe e finisce con l'annoiarsi. Drin ...drin ...Chi suona?
E' Marco, un suo vicino di casa e compagno di scuola: Vieni, c’è il tuo papà!
Di corsa i due bimbi scendono le scale, ed eccoli davanti al televisore.
Un giornalista presenta i minatori italiani.
Livio tiene gli occhi fissi sul teleschermo e ha un certo timore.
Forse papà non si farà vedere...
Ora è la volta del minatore Renato Checchi - continua il giornalista.
Papà, papà! grida Livio e rimane lì a braccia aperte, come se volesse stringersi al petto il babbo.
Sto bene e spero di tornare presto - dice il genitore - Sii buono, Livio!
Poi la cara immagine scompare, ma il piccolo è felice: ha visto il suo papà! (di G.Marzetti Noventa)
UN PO’ DI STORIA E DI CULTURA
La festa del papà è un giorno speciale per tutti i papà.
La prima volta che si festeggiò questa ricorrenza fu all'inizio del 1900, a Washington, quando un giorno una ragazza, Sonora Smart, decise di festeggiare il padre, che l'aveva cresciuta da solo perchè orfana di madre, e per dimostrargli tutto l'affetto, volle dedicargli un giorno, appunto il giorno della festa del papà: la si festeggiava a giugno, data del compleanno di Henry Jackson Smart, padre di Sonora.
Dal 1968 in Italia si cambiò la data e si cominciò a festeggiare il 19 marzo, giorno di San Giuseppe, padre putativo di Gesù. La festa è caratterizzata da manifestazioni che ancora oggi sono molto sentite e celebrate.
Intanto si ricordano Maria e Giuseppe, in un paese straniero, alla ricerca di un riparo per far nascere Gesù Bambino, ospitalità che venne rifiutata e poiché il fatto viola due grandi valori come l'ospitalità e l'amore familiare, questo episodio viene ricordato in molte regioni con l'allestimento di un banchetto speciale.
In Sicilia, il 19 marzo ogni anno, si invitavano i poveri al banchetto di San Giuseppe: essi erano serviti dal padrone di casa in persona!
In altre città , poiché la festa di San Giuseppe coincide con la fine dell’inverno, si è sovrapposta ai riti di purificazione agraria, effettuati nel passato pagano. In questa occasione si bruciano i residui del raccolto sui campi, ed enormi cataste di legna vengono accese ai margini delle piazze. Quando il fuoco sta per spegnersi, alcuni lo scavalcano con grandi salti, e le vecchiette, mentre filano, intonano inni per San Giuseppe. Questi riti sono accompagnati dalla preparazione delle zeppole, il famoso dolce, che varia nella ricetta da regione a regione, ma si sa che le zeppole sono quelle di San Giuseppe, fatte per il 19 marzo, festa del papà.
E SE CI SONO DIFFICOLTA’?
Nessuno è perfetto, neppure il papà, l’importante è aiutarsi a migliorare.
“C’era una volta un bravo papà, di nome Giulio, che amava i figli e la moglie, ma aveva un temperamento impulsivo e un carattere difficile, che lo portava a perdere in fretta la pazienza e ad alzare la voce. Il che spaventava i due figli maschi, ma soprattutto la bimba piccola, Anna, di soli 4 anni, che lo teneva a distanza pur volendogli bene.
Un giorno che, dopo cena, si trovò a tavola sola con lui, che in quel momento era tranquillo, Anna, preso il coraggio a 4 mani, annunciò al padre con grande serietà: “Io non ti voglio più come papà; voglio il papà della Francesca, perché tu gridi sempre e mi fai paura!”. Detto questo tutto d’un fiato, è rimasta in silenzio a guardarlo in attesa di una risposta. Giulio è rimasto per un attimo interdetto: venire ripudiati così apertamente dalla propria piccolina di quattro anni è una cosa inusuale. Ma l’amore per la sua bambina gli ha suggerito la risposta giusta: “Mi dispiace di farti tanto preoccupare. Facciamo così: io cercherò di gridare meno….ma tu cerca di avere meno paura!” La piccola Anna ha annuito seria; poi il papà e la sua bambina si sono stretti la mano come si fa tra grandi per siglare un accordo e la serata è proseguita in modo pacifico. (p.21 di Migliarese, Cara dottoressa….)
UN’IDEA PER LA FESTA
Oggi è la festa del papà. Alice ha preparato una sorpresa molto speciale: ha costruito un libro per lui. Nel libro ha disegnato tutte le cose che ama di più del suo papà. Perchè il papà di Alice sa fare tantissime cose! Imita benissimo la voce del lupo quando legge la fiaba dei tre porcellini, e porta Alice sulle spalle così può vedere il mondo dall’alto. È anche un campione di solletico! E alla sera, se il sonno tarda ad arrivare, resta con Alice o la porta nel lettone per fare le coccole. Alice e il suo papà si vogliono davvero molto bene… Che bello avere un papà!
UNA PROSA E UNA POESIA PER TUTTI I PAPA’ DEL MONDO
Vicino a mio padre mi sento sicuro anche se c'è l'uragano.
Se il babbo vuole, può affrontare lupi e domare cavalli selvaggi.
Egli non teme né fantasmi né terremoti.
Il mio grande problema è convincere la mamma a vestirmi come lui.
Quando posso porto la camicia bianca e la cravatta come lui, cerco di pettinarmi come lui, assumo i suoi atteggiamenti, ho le sue stesse preferenze.
Quando sarò adulto vorrò esercitare la sua professione.
lo voglio molto bene alla mamma e ai miei fratelli, ma il bene che voglio al babbo è tutto speciale.
Per me il babbo è un personaggio fantastico che sta fra l'eroe delle migliori avventure, il campione sportivo e l'imperatore antico. (O. Tomezzoli)
DUE RIGHE PER PAPÀ
Caro papà, se sapevo che ero così importante,
sarei nata prima: anche cento anni fa.
Quel bacio silenzioso
che mi dai la sera,
mi ha fatto sospettare
che mi ami sopra ogni cosa.
Forse, tu non lo sai,
ma anch’io,
come dite voi grandi:
“contraccambio il tuo amore”.
E la sera,
nascosta sotto le lenzuola,
aspetto il tuo bacio;
quel bacio che mi dà:
sicurezza, felicità.
E solo allora posso cominciare a sognare:
anche cose brutte, terribili;
tanto so che riaprendo gli occhi al mattino
ritroverò sempre te:
papà (V. Riccio)